venerdì 25 settembre 2009

Lettera a PGO

Dopo la bellissima puntata di "Porta a Porta" di ieri volevo scrivere al povero Odifreddi (che qui a sinistra vedete rappresentato in una simpatica illustrazione di kattoliko.it che prova la serietà dei credenti oltre al fatto che hanno seri problemi a usare Photoshop) per incoraggiarlo dopo una serata tanto triste. Purtroppo la mail dell'università di Torino non è più attiva e così ho pensato di pubblicare qui il testo della mia lettera.






Salve professore,

mi scusi se le rubo tempo, ma dopo la puntata di ieri di "Porta a Porta" non ho resistito alla tentazione di manifestarle tutta la mia simpatia.
Premetto che non capisco cosa l'abbia spinta a partecipare ad un tale spettacolo circense architettato come un agguato a chiunque metta in discussione la stregoneria delle religioni.

Comunque il motivo per cui le scrivo è un altro. Ho avuto l'impressione (durante i siparietti tra lei e gli altri ospiti) che la discussione tra chi crede e chi ragiona abbia ormai raggiunto un piano simile a quello in cui si trovano, in natura, animali come il mulo: un ibrido sterile che testimonia una qualche origine comune di due specie ormai divergenti e che non può portare a nulla dal punto di vista evolutivo.

L'idea mi è venuta ascoltando l'insensatezza degli scambi argomentativi. Per esempio alla sua obbiezione sull'incoerenza di chiedere un miracolo (cioè una modifica in corso d'opera) ad un'entità infallibile la risposta è stata che il rapporto tra Dio e i credenti è come... UNA DANZA (???). La storia del libero arbitrio la sanno anche i bambini, ma il tango cosmico è veramente pazzesco!

Bella anche la testimonianza di chi ha passato gli esami di ingegneria (e qui si potrebbe rispolverare una classica insofferenza reciproca tra ingegneri e scienziati) invocando l'aiuto del santo che poi avrebbe "pilotato" l'orale all'università di Napoli (sarà una coincidenza o un ennesimo caso di corruzione degli atenei?). Comunque è stata significativa anche l'uscita preventiva "Padre Pio l'ha nel suo cuore" che prova un'attitudine alla veggenza più del narratore che del santo stesso.

Insomma, si potrebbe cominciare a fare una distinzione tra due sottospecie di Homo sapiens? Come chiamarle? Homo credens e Homo sciens?

Scherzi a parte confermo tutta la mia stima per la sua opera di divulgazione (che resta nobilissima nonostante spesso sia un appiglio per qualcuno che preferisce il volgare al divulgare) e mi scuso ancora per averla molestata.

Distinti saluti

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